COME ORGANIZZARE UN TEAM PRODUTTIVO IN AZIENDA?

da

TEAM DI PROGETTO O PROJECT TEAM

Molte aziende di servizi, nel mercato dei prodotti digitali, al primo approccio con Scrum o altri framework Agile, si ritrovano a calare la metodologia su Team di progetto o Project team.
Il cliente viene di norma guidato nella fase iniziale dal reparto Business/Sales dell’azienda e poi seguito da un Product Owner nel processo di progettazione e sviluppo, che si relaziona con un Team di designer, programmatori o tecnici in generale, con risorse più o meno dimensionate in funzione dell’entità del lavoro e, auspicabilmente, con seniority bilanciate.

I Project team sono quelle squadre che vengono istituite al kick-off di progetto e rimangono insieme per tutta la sua durata, si incontrano regolarmente per le cerimonie e riescono in modo rapido e regolare a consegnare valore al cliente.
Questo è da considerarsi già un enorme passo in avanti rispetto alle precedenti organizzazioni.

Anche se a volte alcuni componenti possono essere “a servizio” per un periodo limitato di tempo, il Team è comunque coinvolto in toto nell’analisi e nello sviluppo delle funzionalità, fino al testing e al rilascio.

Il Team viene poi sciolto in modo graduale non appena il prodotto diventa stabile in produzione e entra nella fase di manutenzione o assistenza.
In quel momento, le figure che si liberano entrano a supporto di altri team in essere o verranno allocati in nuovi gruppi di lavoro appena possibile.

STABLE TEAM

Uno degli interessanti trend osservati negli ultimi anni è, invece, la tendenza delle organizzazioni a virare verso un modello a “Stable team”, detti anche “Stable product team” o più semplicemente “Long-term team”.

Come si evince dal nome, i Team di questo tipo perdurano nel tempo, oltre la vita di un singolo progetto.
Nella migliore delle ipotesi i team hanno competenze multidisciplinari e sono in grado di gestire una commessa dall’inizio alla fine.
I componenti di questi team lavorano full-time allo stesso assignment e, una volta terminato, sono ricettivi al successivo.
Al sorgere di un nuovo progetto, questo viene preso in carico dal team libero più competente o, se troppo oneroso, distribuito su più team.

Possiamo rappresentare la distinzione fra i due modelli in questo modo:

DINAMICA DI GRUPPO

Bruce Tuckman, professore di psicologia educativa alla Ohio State University, nel 1965 mise a punto un modello di evoluzione delle relazioni e dei rapporti di gruppo in ambito lavorativo.
Le cinque fasi individuate da Tuckman sono ancora oggi un valido punto di riferimento per chi si occupa di questa materia.

  1. FORMING
    La fase di Forming (formazione), è la fase in cui si sviluppa tra i membri un senso di appartenenza mediante fiducia, condivisione di valori e mission aziendale. Molto importante è la figura di un leader o un coach, perché, non essendo ancora chiari i ruoli, le aspettative reciproche e gli obiettivi, i membri tendono a far riferimento soprattutto ad una figura super-partes che aiuti a sviluppare un senso di appartenenza e faccia convergere le diverse personalità verso l’obiettivo comune.
  2. STORMING
    Questa è la fase in cui prevale il conflitto. Ognuno cerca di imporre la propria individualità, ponendosi in conflitto con gli altri membri, ponendo resistenze alla formazione del gruppo. Il leader o il coach avrà il compito di risolvere le tensioni, fornendo gli strumenti per trovare un equilibrio tra l’esigenza di lavorare insieme e la naturale vocazione all’individualismo. Ogni situazione di conflitto può portare disagio e sfiducia ma può diventare occasione di apprendimento e di rafforzamento dei rapporti.
  3. NORMING
    La terza fase di Norming (normalizzazione) prevede il superamento dei conflitti. Si crea un senso di unità e i singoli si sentono finalmente parte di un team. In questa fase vengono concordate le regole, i metodi e gli strumenti per rendere partecipi tutti dei valori e degli obiettivi da raggiungere. Tutto questo porterà ad una crescita della fiducia reciproca.
  4. PERFORMING
    Quarta fase della dinamica del gruppo è definita da Performing (efficienza). Risolti i problemi relazionali e definite ormai le regole, inizia il vero e proprio lavoro con il leader o il coach che lascia spazio al gruppo perché operi da solo e acquisisca così l’autostima e la fiducia necessarie a fare il salto di qualità. Più alta sarà la fiducia, più sarà possibile affrontare anche i fallimenti trasformandoli in occasioni di crescita.
  5. ADJOURNING
    L’ultima fase dell’aggiornamento è quella in cui le mansioni sono completate e, in genere, si registra un calo dell’impegno e della motivazione. Il buon leader coglierà l’occasione per elaborare e lavorare su nuovi progetti e obiettivi e dare inizio ad una nuova fase di forming.

QUAL È DUNQUE L’INDICATORE PER MISURARE UN TEAM DI SUCCESSO?

Contrariamente a quanto si potrebbe supporre, non sono le skill, l’intelligenza, l’abilità, la sinergia o persino leadership a rendere vincente un Team, ma è la percezione di sicurezza.
Le persone si sentono al sicuro, forti e confidenti quando riescono a lavorare insieme in modo mirato e continuativo, hanno chiari gli obiettivi e sanno a chi rivolgersi in caso di necessità.

In ambienti sicuri ci sono molte più possibilità che le persone condividano idee e siano disposti a provare approcci nuovi, perché non temono di essere giudicati malamente o addirittura puniti.
Ogni volta che una squadra viene sciolta per formare un nuovo Team, ognuno degli ex componenti deve ricominciare da capo.

Ci vuole davvero molto impegno e dedizione per costruire la fiducia e lo spirito di collaborazione all’interno di un Team.
Una maggiore fiducia incentiva una maggiore volontà di lavorare insieme e questa comporta produttività.

Spesso è meglio affidare a una squadra matura un incarico che non corrisponda completamente allo skillset presente, piuttosto che formare una nuova squadra che deve passare attraverso le diverse fasi descritte da Tuckman.
I Team molto performanti non avranno difficoltà nell’acquisire le competenze richieste dal nuovo progetto e di volta in volta aumenteranno la loro efficienza.

PERCHÉ UN’AZIENDA DOVREBBE OPTARE PER GLI STABLE-TEAM?

Molte aziende ritengono impossibile creare squadre stabili nella loro condizione o nel loro mercato.
Troppi progetti, poche risorse, turnover e figure junior complicano il quadro organizzativo.

Ma questo rivela problematiche più alla radice: chi prende le decisioni? come vengono decise le priorità? quanto è trasparente la comunicazione? come viene pianificato il breve termine?

Gli Stable-teams arrivano in supporto a queste problematiche nei seguenti termini:

  • In un’azienda di servizi, non di prodotto, i membri di un Team stabile potranno dover comunque affrontare più progetti in parallelo, ma i colleghi e il referente rimangono gli stessi. In questo modo è più semplice mantenere il focus e ottimizzare i tempi dedicati a meeting, telefonate e allineamenti.
  • Si riducono, se non annullano, anche i tempi di start-up di progetto, tempi che vengono investiti in genere per favorire la conoscenza reciproca, anche solamente tecnica e per stabilire le dinamiche organizzative.
  • Le informazioni circolano in modo più diretto e immediato fra i componenti di un team rodato. Inoltre, la naturale condivisione delle conoscenze porta lo sviluppo di quel che viene definito T-shaped skill-set ovvero delle competenze profonde in una particolare area di specializzazione e più generaliste su altre discipline.

  • Un responsabile di progetto ha più sotto controllo gli impegni della propria squadra che, per quanto variabili, saranno in questo modo tutti sotto la propria gestione e non ci saranno interferenze o dipendenze esterne alla sua conoscenza.
  • C’è chiaramente una diminuzione dei costi legati alla “gestione delle risorse” perché non dovendo formare e smantellare costantemente i Team di progetto, viene meno anche il controllo incrociato delle performance nei progetti in essere, legati alla sottrazione di risorse.
  • Si costruiscono squadre migliori, in quanto nella costruzione di un Team di progetto c’è la tendenza a inserire le persone al momento disponibili (spesso indicate come “sedute in panchina”). Con un approccio di squadra stabile si è motivati a costruire i Team con le persone giuste, tanto cha addirittura il Team si avvia da solo invitando altri con cui c’è già intesa professionale.
  • Le squadre hanno maggiori probabilità di migliorare. Quando un Team lavora insieme da molto tempo e, in particolare, quando sono responsabili dell’intero ciclo di vita delle consegne dall’inizio alla fine, è più probabile che snelliscano autonomamente il loro lavoro in modo da efficientare i processi.
  • Per il Product Owner è molto più semplice monitorare i progressi (o meno) del Team e avrà più elementi per stimare i progetti in ingresso o prevedere l’andamento di quelli già in carico.

Un esempio di Velocity Chart di un Team di sviluppo che mostra come di Sprint in Sprint (periodo variabile, solitamente di 2 settimane) si verifichi un aumento di performance con conseguente consegna esponenziale di valore, qui rappresentato dalle colonne verdi dell’istogramma (screenshot da software Atlassian Jira):

A questo punto, per onestà intellettuale, è giusto parlare anche dei possibili risvolti:

  • Con il tempo, alcuni potrebbero stancarsi di relazionarsi sempre con le stesse persone, potrebbero anche emergere attriti, incomprensioni o delle abitudini non virtuose.
  • Un fattore “noia” potrebbe essere legato alle tecnologie e agli strumenti in uso o un senso di limitazione rispetto alla propria crescita professionale. Stiamo sempre parlando di knowledge worker, la cui peculiarità è di godere dell’apprendimento costante.
  • Il “group-thinking” è un altro comportamento rischioso che potrebbe svilupparsi con il tempo, ovvero quell’uniformità di pensiero fra gli individui originato dalla routine.

STABLE TEAM = TEAM “STAGNANTE”?

Ma un team stabile non significa “stagnante”, cambiare è sempre possibile!
Fa parte dei compiti di leader o del coach individuare questi campanelli d’allarme, coltivare il dialogo con le persone, valutare la risolvibilità del caso, favorire occasioni di crescita ed eventualmente ristrutturare il Team.

A volte si vorrà ridurre o aumentare una formazione, altre ci si accorgerà che due persone non lavorano bene assieme, altre che invece hanno una grande intesa. Inserire o togliere una persona è un innesco spesso necessario per “risvegliare” un Team da un momento di stasi.

Ci sono infinite ragioni per le quali i Team stabili si evolvono nel tempo e questo è positivo per loro e fa bene all’organizzazione che in questo modo cresce e matura.

Le figure che ricoprono posizioni di leadership o coaching hanno un ruolo essenziale in questo tipo di organizzazione, che non va confusa con la gerarchia più tradizionale.
Stili come la Servant Leadership o la Leadership partecipativa impreziosiscono il lavoro dei Team che si sentono coinvolti nelle decisioni e allo stesso tempo rappresentati nei confronti dei vertici aziendali.
È corretto riconoscere chi avvalora la gestione del quotidiano, diventando un ruolo di riferimento, facilitando le relazioni interne ed esterne, prestando attenzione alle dinamiche umane oltre a quelle professionali.

“Employability is having a set of skills, knowledge, understanding and personal attributes that make a person more likely to choose and secure occupation in which they can be satisfied and successful.” Dacre Pool and Sewell, 2007

In aziende numerose, all’interno delle quali è complesso per i dipartimenti HR entrare nel merito del lavoro quotidiano e di percepire il clima, le difficoltà e i malcontenti, soprattutto in questo caso, le figure poste a servizio del lavoro operativo offrono un importante contributo: decentralizzando l’attenzione per la persona, questa diventa più puntuale e significativa.

Marco Calzolari, co-fondatore di Agile Reloaded e Nobilita, in occasione del workshop “Everyone is HR”, ha sintetizzato in questo modo la responsabilità delle performance aziendali:

Sebbene gli individui siano responsabili del proprio sviluppo personale, l’azienda ha il compito di creare le condizioni per favorirlo.
E quando si parla di “azienda” non si può limitare il riferimento a il CEO, al CTO, o al manager HR.
L’azienda ha bisogno di contare su persone di fiducia, diramate in tutta l’organizzazione per essere sempre presente e pronta a cogliere o attivare i cambiamenti.

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