“Artificial intelligence comes from us. In many ways, it is us.” Cedric Chambaz
Sono qui seduta alla mia scrivania a svolgere il mio lavoro creativo, ossia scrivere un articolo sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale (AI) nel migliorare l’automazione dei processi di un business, avviata dalla Robotic Process Automation.
Mentre spulcio materiali, video esplicativi, TEDx talks e libri sull’argomento, mi imbatto in un cortometraggio di fantascienza intitolato Sunspring, che mi infonde un certo timore su questa tecnologia.
Perché?
La risposta è semplice, la sceneggiatura di questo corto è stata scritta da “Jetson” un AI che ha “imparato” da moltissimi script di film e serie fantascientifiche già realizzate.
Il mio lavoro creativo è dunque a rischio?
Quello che fino ad ora ci ha sempre distinto dalla tecnologia è la nostra vena inventiva. E questa macchina, “Jetson”, è riuscita nell’intento, seppur abbozzato – i dialoghi del film rimangono non-sense – di mostrare tutte le sue potenzialità in ottica di sostituire l’uomo nella capacità in cui si crede inviolabile: l’abilità di creare con l’intelletto.
Ma facciamo un passo indietro.
Erano gli anni ‘90 quando Kai-Fu Lee, esperto di AI, portò per la prima volta in Apple questo argomento. Nel TED talk che ha tenuto a Vancouver, spiega come questa tecnologia in Cina sia già profondamente radicata nella società. Sto parlando di più di vent’anni fa.
In Italia, al contrario, l’arrivo nello streamline del business di temi come la digital transformation e tecnologie come chatbot, RPA e Intelligenza Artificiale è piuttosto recente. I titoli dei giornali ci raccontano giorno per giorno di come questi argomenti stiano permeando sempre di più il tessuto nazionale.
È normale che ogni nuova scoperta tecnologica susciti curiosità ed entusiasmo, e contemporaneamente generi un certo timore. È sufficiente tornare indietro nel tempo con la mente per ricordare tutti gli espedienti tecnologici creati dall’uomo che alla fine lo hanno sostituito. Ad esempio, se andassimo in un magazzino di Amazon, non troveremo i classici magazzinieri sui muletti, ma migliaia di robot che si muovono tra gli scaffali, o i più comuni robot industriali, che sostituiscono gli impiegati nelle linee di produzioni delle fabbriche. Lo stesso è successo nei magazzini di Uniqlo, celebre marchio di abbigliamento giapponese, in cui 9 dipendenti su 10 sono robot.
L’altra faccia della medaglia è la creazione di nuovi posti di lavoro altamente specializzati per la gestione di queste nuove tecnologie.
Qualche domanda sorge spontanea.
Ciò che stiamo sviluppando, arriverà a disintegrare il mondo del lavoro come lo conosciamo oggi?
In che modo cambieranno il mondo del business e la società?
È complicato dare una risposta a interrogativi come questi. Si possono solo fare delle ipotesi, e sarà il tempo a confermarle o smentirle.
Indubbio è, che in un modo o nell’altro il mondo del lavoro dovrà adeguarsi a questi cambiamenti.
Si può per ora rispondere a domande più alla nostra portata, paragonando tecnologie esistenti che sono nate per risolvere task ripetitivi.
Ad esempio: cosa differenzia l’Artificial Intelligence dalla Robotic Process Automation?
Cosa comporta per il business la loro integrazione?
ARTIFICIAL INTELLIGENCE E ROBOTIC PROCESS AUTOMATION DUE TECNOLOGIE PARALLELE
Partiamo dal principio.
RPA e AI sono due tecnologie parallele nate per automatizzare alcuni processi aziendali e dare la possibilità ai dipendenti di dedicarsi ad attività dall’elevato valore strategico per il business.
La RPA (come accennato sopra) riguarda l’automazione software di processi d’ufficio ripetitivi. Questo robot si basa su regole o condizioni if-then per poter svolgere determinate mansioni in un numero ristretto di situazioni.
Attraverso la RPA riusciamo a velocizzare e diminuire gli errori in processi come la creazione di un account per un nuovo cliente, lo screening dei curriculum per l’assunzione di un nuovo dipendente o l’inserimento di fatture in un sistema ERP.
Per tutto questo serve comunque una persona che si occupi di creare il software robot, avviare l’automazione, e tenere tutto sotto controllo.
E l’AI?
L’Artificial Intelligence, invece, è una tecnologia più complicata da definire, in quanto coinvolge altre realtà, come il Machine Learning o il Deep Learning, che a volte vengono erroneamente usate come suoi sinonimi.
Marco Somalvico, ingegnere italiano specializzato nell’AI, ne dava questa definizione:
“Una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.”
In parole povere studiosi ed esperti cercano di simulare l’intelligenza umana nelle macchine creando robot o software “capaci di pensare” come una persona.
Questa tecnologia è utile per fare un determinato numero di azioni che risolvono altrettanti problemi, i quali sono stati scomposti dai ricercatori in macchine specifiche.
Alcuni esempi:
- Conoscenza: cruciale per i sistemi intelligenti che basano il loro comportamento sulla competenza dell’ambiente in cui operano.
- Deduzione, ragionamento e problem solving: creare algoritmi per imitare il ragionamento umano, risolvere giochi o attuare deduzioni logiche, comprendendo evoluzioni dei fattori di incertezza o l’incompletezza delle informazioni
- Apprendimento automatico: creare macchine capaci di evolversi automaticamente imparando dalle situazioni che devono affrontare
- Pianificazione: prevedere e rappresentare una panoramica sul futuro e prendere decisioni al fine di raggiungere tali situazioni
- Elaborazione del linguaggio naturale: leggere e capire il linguaggio umano per trasformare dati non strutturati in informazioni utili.
- Movimento e manipolazione: attraverso la robotica, disciplina altamente correlata all’AI, ottenere movimenti sempre più fluidi e simili agli umani
Le macchine dotate di intelligenza artificiale possono elaborare e estrapolare informazioni attraverso:
Le prime tre funzionalità richiedono algoritmi AI di apprendimento supervisionato (Supervised Learning). Questo è una tipologia di apprendimento automatico che ha lo scopo di istruire il sistema informatico attraverso una serie di dati etichettati (dati esempio).
Si forniscono coppie di input e output con cui il sistema paragona nuovi dati per estrapolare la stessa tipologia di informazioni di quell’esempio.
La funzione di analisi dei dati, invece, utilizza algoritmi di apprendimento non supervisionato (Unsupervised Learning), utili quando il sistema deve generare degli output senza avere una domanda specifica. Quindi la macchina, che deve analizzare determinati input senza avere delle istruzioni specifiche, cerca di trovare similarità o differenze tra i dati che riceve per ricavarne delle informazioni e creare automaticamente delle regole di analisi.
INTEGRAZIONE TRA ROBOTIC PROCESS AUTOMATION E ARTIFICIAL INTELLIGENCE: L’INTELLIGENCE PROCESS AUTOMATION
La RPA e l’AI sono le due facce di una stessa medaglia, ossia l’automatizzazione di processi end-to-end, chiamata Intelligent Process Automation (IPA).
In questo continuum di automazione, c’è la prima tecnologia che mima le operazioni ed azioni umane a velocità più sostenute, e poi c’è l’AI che simula l’intelligenza apprendendo ed evolvendosi piuttosto autonomamente; a questo punto entra in gioco la RPA per le situazioni che non seguono le regole di if-then, ma hanno bisogno di qualcuno o qualcosa che prenda decisioni.
Sono tecnologie che implementate distintamente, a seconda dei bisogni aziendali, apportano valore al business. Mentre, integrate, vista la loro complementarietà, possono generare vantaggi ben maggiori.
Riassumendo. L’Artificial Intelligence dà la possibilità di prendere decisioni complesse, superando un limite fondamentale della RPA.
Gli output generati dalla AI sono nuovo materiale utile per nuove operazioni eseguibili dai robot software.
Grazie all’integrazione di queste due tecnologie si riescono ad automatizzare anche quei compiti che prima potevano essere svolti soltanto da professionisti qualificati.
Concludendo si può dire che per ora è facile trovare applicazioni che uniscano RPA con strumenti di AI, come il riconoscimento immagini o l’analisi di un testo, per acquisire informazioni che la prima utilizza per completare i propri compiti. Al momento, invece, non ci sono ancora molti business che utilizzino realmente sistemi di IPA, ossia che integrino AI e RPA, ma il trend sta iniziando ad invertirsi.
Al prossimo approfondimento..
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