Nei giorni scorsi ho avuto il privilegio di partecipare ad un workshop dal titolo “M.E.D. – Management Evolution Days” organizzato da InterlogicaHUB, in partnership con Sirolli Associates, che mi ha fatto sentire un supereoe. Perché? In che modo?
ERNESTO SIROLLI, IL MARCO POLO DEI GIORNI NOSTRI
È sempre affascinante incontrare persone che hanno visitato il Pianeta in lungo e in largo e che hanno un vissuto eccezionale da raccontare.
C’è qualcosa di sorprendentemente antico, e allo stesso tempo di estremamente moderno, in chi è così contaminato dalle culture più svariate.
Ernesto Sirolli mi è sembrato da subito un Marco Polo dei nostri tempi, di ritorno da infiniti viaggi – ironicamente a Venezia – carico di esperienze e di fascino.
Non voglio dilungarmi sui concetti alla base di questo approccio manageriale, perché così come i libri vanno letti, i film vanno visti, gli spettacoli teatrali vanno ammirati, i workshop vanno vissuti in prima persona.
Vorrei scrivere di quello che è rimasto in me dopo questi tre giorni, di quello che brucia ancora sulla pelle, dei tarli che “rosicchieranno” nella mia mente per diverso tempo, temo, ma soprattutto dei semi piantati che spero di riuscire a curare e far germogliare.
CHI FAI SALIRE SUL TUO BUS?
Ernesto suggerisce inizialmente la lettura di un estratto di Jim Collins, dal libro Good to Great.
L’autore spiega lo studio fatto su una serie di aziende già in buone condizioni da almeno 20 anni che, per diverse ragioni, sono riuscite ad evolvere rapidamente e diventare aziende eccezionali (non solo buone).
Il capitolo selezionato sfrutta la metafora di un autobus per definire un’azienda e cita le parole di un dirigente: “Guardate, io non ho idea di dove dovremmo portare questo autobus. Sono certo di una cosa, però: se ci sono le persone giuste a bordo (le persone giuste nei sedili giusti), e facciamo scendere le persone sbagliate, a quel punto riusciremo a capire come arrivare in qualche posto fantastico”.
Non è una novità il pensiero per cui le persone siano al centro di qualsiasi trasformazione, sia essa sociale o culturale; ma sono le Persone Giuste quelle veramente in grado di fare la differenza. E non è un caso che questo stesso tema sia stato il leitmotiv dell’ultimo Agile Business Day, lo scorso settembre.
Ipotizziamo dunque di chiedere ad un dirigente o un imprenditore, un manager o un team leader: “Come scegli chi far salire sull’autobus? Chi sono secondo te le persone giuste? Quanto deve o può essere soggettivo il termine “giusto”? Con che sentimento e che considerazioni lasceresti a terra qualcuno?”
Nella mia giovane carriera, ho avuto l’onore e l’onere di essere manager, cedendo in un certo senso a me stessa e a quella definizione a cui avevo così ostinatamente cercato di sfuggire.
Nel mio piccolo, ho avuto occasioni per far salire dei collaboratori sul mio autobus, ma anche di farne scendere altri.
Cosa mi faceva “staccare un biglietto”?
Ho elaborato una teoria: sull’autobus sono benvenute le persone con le quali si instaura un rapporto di sincerità e onestà, le stesse con cui ci si permette di essere sé stessi, uomini o donne, prima che imprenditore/dirigente/manager.
“Siate sempre umani” diceva Michele Ferrero – compianto proprietario dell’omonimo gruppo Ferrero – nelle sue regole per la guida del personale più di 40 anni fa.
Essere umani, tanto quanto essere professionali, sono requisiti indispensabili nel nostro viaggio, anche quando riteniamo che non ci sia più posto per alcuni collaboratori e sia giunto il momento di prendere strade differenti.
FIDUCIA: UN PATTO DI COMPARTECIPAZIONE
Forti di noi stessi, dobbiamo scegliere di dare fiducia, che non è un regalo, non è un obbligo, ma è un patto di compartecipazione.
Senza tutto questo si rimane immobili, paralizzati e inevitabilmente soli, assediati dalle manie di controllo e dalla presunzione di essere indispensabili.
Ecco, caro imprenditore o manager, quando sarai alla guida del tuo autobus, circondato dalle persone che ti hanno visto rischiare, a volte fallire, e lottare per i tuoi valori, a questo punto avrai un compito importantissimo: dovrai fare di tutto per conservare questa intesa, ma soprattutto i sani litigi e le divergenze.
La tua squadra ti garantirà tempo, energia, intelletto e buon senso, e potrai andare ovunque, non temere.
Preserva la diversità in ogni modo, perché porta innovazione, ricchezza e fantasia.
Imponiti di riconoscere chi non merita più questo viaggio e premia chi tiene senza riserve a conservare il posto, queste saranno le persone in grado di orientare le vele quando cambierà il vento, o andare a remi se mai questo cesserà di soffiare.
COS’È “FAMIGLIA” NEL BUSINESS?
Quest’immagine del viaggio condiviso mi ha fatto quindi riflettere sulla parola “famiglia”.
Di questi tempi, in cui chiunque si sente in diritto di dare una definizione a questo termine così delicato e così prezioso, ho il timore di abusarne. Ho chiesto alla Treccani cosa ne pensasse e ne ho estratto questo:
famìglia s. f. – 1. a. In senso ampio, comunità umana, diversamente caratterizzata nelle varie situazioni storiche e geografiche, ma in genere formata da persone legate fra loro da un rapporto di convivenza, di parentela, di affinità, che costituisce l’elemento fondamentale di ogni società […]
Nell’ambiente lavorativo, cosa siamo noi se non persone legate da rapporti di convivenza – magari in open space o in un reparto di produzione – più di 8 ore al giorno, alla disperata ricerca di affinità, di sintonia e di uno scopo comune?
Proprio di recente si è parlato di “archetipi familiari” in ambiente professionale, quelle dinamiche per cui un capo ti sembra un padre, un collega diventa un fratello, qualcuno addirittura una volta mi ha definito “anima gemella lavorativa” (perché quella affettiva, giustamente, l’ha sposata!).
Non ho ancora deciso se tutto questo possa in qualche modo costituire un pericolo, ma Ernesto Sirolli ci insegna che i più grandi nomi dell’imprenditoria sono diventati tali grazie a gruppi di amici o parenti per i quali c’era fiducia e stima: Steve Jobs, Bill Gates, Sam Walton, Thomas Edison, Enzo Ferrari, per citarne alcuni.
I migliori imprenditori al mondo sono quelli che amano fare una cosa sola, e sono abbastanza intelligenti da circondarsi di persone capaci di fare al meglio quello che loro odiano fare.
QUAL È IL TUO SUPERPOTERE?
Ernesto mi ha sorpreso nuovamente quando ha posto la domanda: “Se potessi fare nella vita quello che ami di più al mondo, che cosa sarebbe? Qual è il tuo dono? Se fossi un eroe dei fumetti, quale sarebbe il tuo superpotere?”
La stanza a quel punto si è riempita di Captain Organization, Relations King, Empathy Man, Solutions Queen, The Alchemist, The Incredible Numbers Man.
In quel momento è stato facile immaginare il mondo degli affari come un’avventura da Avengers, ed è stato bello concedersi un istante per realizzare quanto possiamo essere capaci.
Ernesto, parlando di sé stesso, dice di avere il superpotere di “vedere bellezza”, vedere potenziale in qualunque situazione. Dice di considerare questo periodo storico come “di passaggio”, esattamente come lo sono stati tanti altri nel passato. Il mondo è ricco di opportunità di miglioramento e possibilità per eccellere in quello che è il nostro dono naturale, che tu sia un calzolaio in Australia, un allevatore di pulcini in Africa, un programmatore in Europa.
Non so come, ma io oggi, da supereroe, scelgo di fidarmi.
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