Negli anni, come architetto e designer di interni ho progettato uffici di varie dimensioni, con committenti di varia natura, dalla piccola azienda fino alla multinazionale. Per tutti loro la conformazione e il layout degli spazi (quello che noi architetti chiamiamo programma funzionale) sono sempre dipesi strettamente da quale settore dell’azienda li avrebbe poi usati: il marketing aveva bisogno di spazi differenti dall’amministrazione, mentre l’ufficio commerciale aveva necessità diverse da quelle della logistica. Inoltre l’accesso alle differenti aree aziendali doveva essere modulato in base alla loro importanza strategica, con l’amministrazione e la direzione separati dalla maggior parte dei flussi di personale e merci.
Tutto questo rendeva sbilanciato il nostro workflow di designer, dovendoci occupare prevalentemente del layout e dei flussi interni piuttosto che della qualità degli spazi e del comfort che avrebbero dovuto garantire ai loro utenti. Inoltre questa logica progettuale strettamente gerarchizzante rendeva gli spazi poco flessibili nel tempo, spingendo molte aziende nostre committenti ad impegnarci in lunghe riunioni preliminari con i loro responsabili di ogni area aziendale.
IL DESIGN DEI LUOGHI IN TRASFORMAZIONE
Fortunatamente negli ultimi dieci anni il mondo del lavoro ha subìto cambiamenti che sono emersi parallelamente anche nel design e nell’organizzazione dei suoi luoghi, dalle fabbriche agli uffici. Le ragioni di questa evoluzione si possono ricondurre a quelle grandi trasformazioni epocali che hanno accompagnato la nostra storia recente:
- la mobilità di capitali e persone,
- la diffusione massiva del World Wide Web,
- l’emergere dell’economia della conoscenza, delle aziende ad organizzazione aperta,
- lo sviluppo imponente del terziario avanzato e dei prodotti immateriali.
Oggi il design dei luoghi di lavoro può contare su tecnologie informatiche che possono affiancare gli strumenti più tradizionali di organizzazione dello spazio, rendendolo più flessibile e adattabile in tempo reale alle esigenze di un’utenza sempre più mobile e dinamica.
UN CASO SU TUTTI: LA HAT FACTORY DI SAN FRANCISCO
Se volessimo posare una prima milestone di questa transazione verso spazi a funzione variabile che possano rispecchiare la fluidità delle nuove economie potremmo risalire al 2005, quando il giovane programmatore Brad Neuberg realizzò a San Francisco la Hat Factory, il primo coworking. Secondo il New York Times, in un articolo del 20 febbraio 2008, Neuberg coniò il neologismo ‘coworking’ per indicare un luogo per liberi professionisti in cui riunire i benefici di avere ‘un posto di lavoro’ e l’indipendenza dell’essere freelance.
Anticipando di un anno la Hat Factory, in Italia nel 2004, a Conselve (Padova), l’architetto Mario Cucinella realizzò per la sede della Uniflair uno spazio per uffici come un open space di 200 metri quadri, raggruppando tutte le postazioni di lavoro attorno ad un grande tavolo, infrangendo così la rigidezza del programma funzionale spingendo, di conseguenza, la Uniflair verso una nuova organizzazione aziendale, più aperta e informale. Ancora un anno prima, nel 2003, il prototipo Aegis Hyposurface dello studio dECOi mostrava come una membrana verticale alta 10 metri e larga 3 metri poteva venire modificata in tempo reale da attuatori sensibili a svariati input ambientali, dai suoni al movimento. Il team interdisciplinare coordinato da dECOi dimostrò così che, grazie alla tecnologia, l’ambiente costruito poteva entrare in risonanza con i propri abitanti.
In poco più di una decina d’anni l’informalità ha sempre più caratterizzato i luoghi di lavoro, anche al di fuori dei coworking. Nuovi ibridi funzionali come gli incubatori di impresa e i business center hanno seguito le trasformazioni repentine del modo di fare impresa, di lavorare e di produrre. In molti casi questi nuovi luoghi di lavoro informali sono stati realizzati in vecchi edifici dismessi, permettendo, con la semplice dotazione di una buona infrastruttura wi-fi e postazioni di lavoro dedicate ad un target sufficientemente ampio (dal nomad worker allo
start-upper), di disseminare nelle città i primi processi di rigenerazione urbana.
Enrico Lain è PhD, architect, co-founder at inTerritori – improving lands un’agenzia dedicata alla pianificazione strategica della città e del territorio.
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